Wild Beasts

SMOTHER

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    Vi consiglio l'ascolto del nuovo lavoro dei Wild Beasts, dopo il bellissimo TWO DANCERS, ieri è uscito SMOTHER, del quale vi sottolineo l'ascolto dei brani BED OF NAILS, LION'S SHARE e REACH A BIT FURTHER... questo è il video del primo singolo, ALBATROSS:



    Ecco una recensione di ONDA ROCK
    (c'è anche un riferimento alla nostra KATE!)

    WILD BEASTS - Smother
    di Gianfranco Marmoro

    “Smother” è la certificazione definitiva del talento di Hayden Thorpe e Tom Fleming, un ulteriore guizzo verso la maturità, che sfida le lusinghe del business, per celebrare il passaggio dalla pulsione erotica a una intima sensualità che abbraccia il mistero.
    Le tranquille terre del Galles hanno aggiunto un ipnotico charme alla musica di “Smother”, qualcosa che induce a riascoltare ogni frammento dell’album, nonostante manchi l'irruente fascino di “Limbo, Panto” o la catarsi passionale del successivo “Two Dancers”.

    Hayden Thorpe rinuncia al tono eccitante del falsetto e, come novello Mark Hollis, muove in una direzione sonora che, tra colte citazioni di progressive e kraut-rock, evita l’ingombrante maestosità della musica pseudo-classica, incontrando i nuovi poeti urbani.
    Non stupisca la lista di citazioni che l’ascolto delle dieci tracce potrà stimolare, Antony & The Johnsons, Talk Talk, Associates, Fuck Buttons, James Blake, Peter Gabriel, Elbow e perfino Kate Bush e Radiohead, ma il fatto è che in “Smother” è possibile rintracciare un'immensa varierà di gradazioni sonore ed emotive.
    L’apparente omogeneità è in verità una geniale strategia minimalista, che rende apparentemente simili le differenti strutture di composizione.
    Il romanticismo di “Deeper” non ha punti di riferimento precisi, il ciclico ritmo di basso e batteria diventa un tappeto delicato per brevi incursioni nel prog-rock, mentre gli arpeggi di chitarra e le evoluzioni elettronico-ritmiche di “Reach A Bit Further” gettano un ponte tra le prime pulsioni pop e le sonorità attuali.

    “Smother” è una continua celebrazione della creatività, come dimostrano gli scintillanti suoni di dulcimer e glockenspiel, che in “Burning” vibrano come arpe al vento evocando uno spessore sentimentale aristocratico, o come le trame sottili di “Loop The Loop”, che sembrano crescere di intensità a ogni ascolto.
    Con onestà invidiabile i Wild Beasts non hanno nascosto la natura del loro terzo album: il singolo “Albatross”, ha subito evidenziato il tono oscuro e ricco di metafore, con le chitarre quasi scomparse in favore di gentili trame di synth e piano e le tastiere-marimba che evidenziano la capacità del gruppo di trasformare ogni piccolo elemento in un glorioso tocco di genio.
    Neppure le prime note dell’introduttiva “Lion’s Share” lasciano dubbi sui nuovi Wild Beasts: le tastiere pulsano, il piano regge l’enfasi emotiva senza trucchi, rendendo evidente fin dalle prime trame la schiettezza di “Smother”, una confessione intima che non accetta trucchi o inganni.
    Anche seduti sul letto di chiodi di “Bed Of Nails” Hayden e Tom hanno la forza di essere sinceri: l’elogio dell’imperfezione e della bugia è accompagnato da chitarre pungenti che trovano spazio in un vortice ritmico corrosivo.
    Non disorienti il momentaneo imbarazzo stilistico di “Invisible”, la cui ricerca di un equilibrio tra armonia e ritmo sembra infrangersi sullo scoglio della prevedibilità: è solo un momentaneo stop alla provocazione sensuale che pervade ogni traccia, subito superato da “Plaything”, che non perde occasione per ristabilire il giusto tasso di lussuria e sensualità, trasformando la seduzione da strumento di conoscenza altrui in ricerca intima della propria fragilità.

    La musica e i testi dei Wild Beasts possiedono la rara peculiarità per cui ogni attimo e ogni scheggia sono forieri di nuove invenzioni: tanto nei momenti più incisivi, espressi nell'esordio, che in questi più ricchi di mistero e romanticismo, i quattro di Kendall conservano il fascino dell’imprevisto.
    “Smother” non è, come qualcuno potrà sostenere, un debole insieme lontano dai fulgidi stimoli di “Limbo Panto”, è invece una cascata di lirismo che non conosce fine, nella quale Tom e Hayden trovano finalmente un equilibrio vocale in grado di sorreggere le infinite intuizioni dell’album.
    “End Come Too Soon” chiude l’album con un titolo simbolico; i sette minuti abbondanti del brano sono un ottimo esempio di art-rock, flussi di suoni e armonie si inseguono con smagliante bellezza, le ambizioni sono palesi, ma anche la volontà di conservare un'autenticità che la musica colta non possiede.

    “Smother” è il miglior album dei Wild Beasts, ma è una realtà che non si manifesta al primo ascolto, non è un disco adatto a candidarsi come disco del mese su qualsiasi rivista che si rispetti; forse nemmeno il titolo di disco dell’anno si adatta a questo insieme di dieci preziose gemme sonore.
    Come “Hounds Of Love” di Kate Bush o “Hats” dei Blue Nile o “Spirit Of Eden” dei Talk Talk, il terzo frutto della band inglese è una meraviglia da consegnare ai posteri, che non avranno incertezze nel celebrare il flusso di art-decò che i musicisti reintroducono nella musica come arredatori moderni; recuperando l'essenza della bellezza di fregi e decorazioni e rinunciando a barocchismi esasperanti, i Wild Beasts hanno aggiunto un nuovo vocabolo al loro lessico musicale: disinvoltura.
     
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